Piccola, leggera e rivoluzionaria. La micromobilità elettrica è una soluzione sostenibile ed efficiente per spostarsi nelle aree urbane in modo veloce, sicuro e più rispettoso dell’ambiente.
I mezzi che fanno parte della categoria, come e-bike, monopattini elettrici e hoverboard, funzionano grazie a un motore elettrico alimentato da una batteria ricaricabile e hanno dimensioni e peso contenuti.
Sono queste caratteristiche a rendere la micro mobilità elettrica un elemento centrale nella trasformazione delle città: non peggiora il traffico stradale, non contribuisce all’inquinamento e non richiede grandi infrastrutture né significativo consumo di suolo.
Quali sono i diversi tipi di mezzi di micromobilità elettrica
Tra i mezzi della e-micromobility, la bici elettrica è l’unico che consente il trasporto di una seconda persona (che deve essere un bambino con meno di otto anni, sull’apposito seggiolino) e in cui il motore elettrico supporta il movimento dell’utente, ma non lo sostituisce completamente.
Più stabile e pesante degli altri veicoli di micro mobilità elettrica, la e-bike è perfetta per chi deve compiere tragitti lunghi. La sua popolarità in Italia è cresciuta esponenzialmente durante la pandemia: secondo l’Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori, dal 2015 al 2020 le vendite di biciclette a pedalata assistita sono passate da poco più di 50mila a 280mila unità all’anno. La crescita è proseguita, su numeri inferiori, anche negli anni seguenti.
I monopattini elettrici non sono meno popolari. Anzi, nel 2021 in Italia erano oltre 500mila quelli privati e circa 42mila quelli disponibili in sharing. Leggero, agile e versatile, questo mezzo può andare dappertutto in città, non richiede alcuno sforzo fisico all’utente e si può comodamente ripiegare per essere trasportato sui mezzi pubblici. In inglese si chiama e-scooter, ma non bisogna confondersi con i motocicli elettrici, che giuridicamente non rientrano nel campo della micromobilità.
Simile al monopattino è il segway, composto da una pedana con due ruote e un manubrio: anche se esiste dal 1999, non ha mai raggiunto una grande popolarità in Italia.
Per chi cerca un mezzo ancora più pratico e leggero c’è l’hoverboard, pedana con due ruote parallele che si controlla spostando il peso del corpo. Può essere usato solo nelle aree pedonali, ma è davvero facile portarlo con sé. Lo stesso vale per il monowheel, che non ha eguali in fatto di minimalismo: è una singola ruota con due pedane per i piedi.
Micromobilità elettrica, quali sono i vantaggi
Una volta chiarito cos’è la micromobilità elettrica, è immediato intuirne i vantaggi. Tutti i mezzi della e-micromobility garantiscono ampie possibilità di movimento: ci si può spostare in città senza dipendere dagli orari e dai percorsi del trasporto pubblico né tantomeno dall’inconveniente del traffico, che si può aggirare, in base al veicolo utilizzato, sfilando accanto alla colonna di auto ferme o tagliando per un’area pedonale.
Anche il problema del parcheggio è ridimensionato. Quando i mezzi della micromobilità elettrica non possono essere letteralmente portati con sé sottobraccio, occupano davvero poco spazio sul suolo pubblico. Lo stesso vale per le infrastrutture di ricarica: le colonnine sono discrete e facilmente installabili ovunque serva.
Ci sono poi gli impatti positivi sull’ambiente. Se la ricarica della batteria avviene tramite fonti rinnovabili, la micromobilità elettrica è davvero a emissioni zero. Se anche così non fosse, si ottiene comunque una riduzione dell’inquinamento sonoro e delle emissioni: la vivibilità degli spazi urbani, così come la qualità di vita delle persone, non può che migliorare.
Interessante è l’aspetto economico, dato che i costi di acquisto, operativi e di noleggio sono relativamente bassi. Secondo l’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility una persona che in città, invece della propria auto, usi più spesso bici, trasporto pubblico e all’occorrenza una combinazione di servizi di sharing mobility, può ottenere un risparmio fino a 3800 euro all’anno.
Le sfide della micromobilità elettrica nelle città
La diffusione della e-micromoblity spinge la trasformazione delle città verso modelli di mobilità più diversificata e sostenibile. Secondo l’Osservatorio Focus2R, rispetto al 2015 nel 2022 la disponibilità media di piste ciclabili è aumentata del 46%. È una buona notizia, certo, ma le infrastrutture ciclabili italiane sono distribuite in modo disomogeneo sul territorio e ancora molto limitate rispetto ad altri contesti europei.
Quanto l’infrastruttura urbana sia pronta ad accogliere e-bike e monopattini elettrici è uno dei temi cruciali legati alla diffusione di questi e altri mezzi simili. Le città sono progettate prevalentemente, quando non esclusivamente, per le macchine. Cambiare questa prospettiva, restituendo gli spazi e le strade alle persone, prima che ai mezzi, richiede tempo e buona volontà.
Un’altra sfida della micromobilità elettrica è la sicurezza stradale. Nel sesto Rapporto nazionale sulla sharing mobility si dice che il monopattino in sharing ha un livello di incidentalità di poco superiore rispetto allo scooter sharing: 2,07 incidenti ogni 100mila km, contro 1,72. Una regolamentazione adeguata alle nuove abitudini di spostamento delle persone, che renda sicura la condivisione delle strade urbane tra veicoli diversi, è un passo necessario.